giovedì 31 marzo 2016

SIAMO TOURNATI- LE TORTE SALATE & L'MTCHALLENGE IN TOUR



E' uscito in tutte le librerie Torte salate - Una sfida torta a torta (Ed. Gribaudo - Gruppo Feltrinelli), il nuovo libro dell'MTChallenge curato da Alessandra Gennaro e fotografato da Paolo Picciotto, con le splendide illustrazioni di Mai Esteve.
Oltre 100 ricette, corredate da introduzioni, approfondimenti e glossari, per cimentarsi con una delle pietanze più versatili ed amate sulle tavole italiane, specialmente durante la bella stagione.
Come per i precedenti libri targati MTC, parte del ricavato delle vendite sarà devoluto a scopo benefico alla Piazza dei Mestieri, dove il 4 aprile si terrà la tappa torinese del tour di presentazione e dove mi auguro di incontrarvi numerosi.


Di seguito le tappe di presentazione del libro:

Milano Giovedì 31/3
ore 18,30 Libreria Mondadori Megastore via Marghera 28 interviene Fernanda Roggero

Torino Lunedì 4/4
ore 18.30 Piazza dei Mestieri via Jacopo Durandi 13 (1° piano)

Genova Martedì 5/4
ore 18 La Feltrinelli Libri e Musica Via Ceccardi 16r–interviene Sergio Rossi

Verona Mercoledì 6/4
ore 18 la Feltrinelli Libri e Musica via Quattro Spade 2 interviene Stefania Berlasso

Padova Giovedì 7/4
ore 18 La Feltrinelli Librerie via S.Francesco 7 interviene Antonino Padovese

Firenze Venerdì 8/4
ore 21.00 - la Feltrinelli RED, piazza Repubblica 26 – Interviene Raffaella Galamini 

Bologna Martedì 12/4
ore 19 Librerie Coop Eataly via Orefici 19 – Interviene Gino Fabbri

Parma Mercoledì 13/4
ore 18 La Feltrinelli Libri e Musica Via Farini 17 interviene Arianna Gandolfi

Roma Giovedì 14/4
ore 18 la Feltrinelli Librerie Via Orlando 78/81 - interviene Eleonora Cozzella

Napoli Venerdì 15/4
ore 18 La Feltrinelli Librerie P.zza Dei Martiri, 23 interviene Luciano Pignataro

Catania Sabato 16/4
ore 18 La Feltrinelli Librerie Via Etnea, 285 interviene Andrea Graziano



Lunedì 4 aprile sarò alla Piazza dei Mestieri. Ci vediamo lì?
A presto!




mercoledì 30 marzo 2016

Crostata salata di fave e asparagi (con brisée all’olio)


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Versatili, gustose, pratiche: come non amare le torte salate? Ripieni sempre diversi che seguono le stagioni e quando arriva la primavera si arricchiscono di nuovi sapori e consistenze, lasciando spazio alle tenere primizie e a tutte le gradazioni del verde. 
Questa volta per la mia crostata salata ho scelto un abbinamento piuttosto classico: il sapore deciso degli asparagi, arrotondato dalla dolce pastosità delle fave e profumato con le immancabili aromatiche, ingrediente feticcio della mia cucina. 
Come base, ho scelto di preparare una brisée all’olio, friabile e corposa quanto quella tradizionale, con il vantaggio però di risultare più leggera ed adattarsi particolarmente bene ai ripieni di verdura. A completare il tutto, una freschissima insalatina dell’orto della mia mamma, che è stata il degno accompagnamento di un pranzetto da re.

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Crostata salata di fave e asparagi (con brisée all’olio)
Ingredienti per uno stampo circolare di 20-22 cm:

Per la brisée all’olio
200 g di farina tipo 2, macinata a pietra
50 ml di olio extravergine d’oliva
1 tuorlo
70 ml di vino bianco secco
1 presa di sale

Per la farcia
350 g di asparagi
120 g di fave (peso da sgusciate)
1 cipollotto
180 g di ricotta fresca
1 uovo grande + 1 albume
3 cucchiai di parmigiano grattugiato
4-5 cucchiai di latte
60 di prosciutto cotto a dadini
qualche fogliolina di maggiorana fresca
olio extravergine d’oliva
sale e pepe

Preparare la pasta. In una ciotola emulsionare il tuorlo con l’olio extravergine, aggiungendolo a filo come se si dovesse preparare una maionese e mescolando con una frusta, fino ad ottenere un composto cremoso. Disporre la farina a fontana su una spianatoia, aggiungervi il sale e versare al centro il miscuglio di tuorlo ed olio; aggiungere gradatamente il vino bianco e cominciare ad impastare. Lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto omogeneo, avvolgerlo in un foglio di pellicola e lasciarlo riposare i luogo fresco per 30 minuti.
Per il ripieno, privare gli asparagi della parte legnosa, pulire i gambi con un pelapatate, sciacquarli in acqua corrente e ridurli a rondelle. Sbollentare le fave per pochi minuti in acqua leggermente salata, scolarle, raffreddarle in acqua e ghiaccio e privarle della pellicina. Mondare ed affettare il cipollotto e lasciarlo soffriggere dolcemente in una padella con un filo d’olio; quando è ammorbidito, unire gli asparagi e le fave e portare a cottura, aggiungendo quando necessario poca acqua o brodo vegetale. Salere e pepare e lasciare intiepidire.
In una terrina lavorare la ricotta con l’uovo, l’albume, il parmigiano ed il latte; regolare di sale e pepe, unire il prosciutto a dadini e profumare con le foglie di maggiorana. Unire al composto le verdure precedentemente preparate.
Trascorso il tempo di riposo, riprendere l’impasto e stenderlo su una spianatoia leggermente infarinata ad uno spessore di 3-4 mm. Ricavarvi un cerchio di circa 30 cm di diametro e rivestirvi lo stampo, sul cui fondo si sarà precedentemente posizionato un foglio di carta forno. Bucherellare leggermente la pasta e distribuirvi il ripieno. Ricavare dai ritagli d’impasto delle striscioline e disporle sul ripieno, incrociandole in modo da ottenere una griglia. Infornare a 180° per circa 30 minuti. Servire calda o tiepida.

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venerdì 25 marzo 2016

Pizza di Pasqua al formaggio


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Della pizza di Pasqua al formaggio, o torta al formaggio, ho sempre letto con curiosità, e finalmente sono riuscita a sfornarla anch’io, seguendo la ricetta proposta anni fa da Paola Lazzari sul Forum de La Cucina Italiana, e poi replicata da molti sul web.
In realtà arrivo un po’ lunga, dato che questa torta sprigiona al meglio il suo sapore dopo tre-quattro giorni di riposo, ma anche se non riuscite a prepararla in tempo per la colazione di Pasqua o il pic-nic di Pasquetta, vi consiglio comunque di salvare la ricetta per altre occasioni: è così buona e versatile che vi assicuro non avrete di che pentirvi.
Per raccontarvi qualcosa in più su questa specialità umbra (ma varianti sul tema sono diffuse anche nelle Marche ed in tutta l’Italia centrale), vi lascio direttamente le parole con cui Paola introduce la ricetta:

“La pizza o torta al formaggio è una preparazione tipica della Pasqua e che quindi compare sulle tavole umbre solo in questo periodo, anche se un tempo si preparava pure per il 6 Gennaio, giorno di Epifania, che per tradizione popolare è la prima Pasqua dell'anno. Il trionfo però della Torta avviene nella domenica della resurrezione di Cristo, dove al mattino occupa il posto d'onore insieme alle uova sode e al capocollo.
Una volta la sua preparazione, che avveniva durante la Settimana Santa, occupava l'intera famiglia, sia per le quantità di impasto piuttosto massicce, sia per la metodologia usata che prevedeva l'uso del lievito madre. Si cominciava nel tardo pomeriggio e si continuava alternandosi durante la notte, per poi arrivare in tarda mattinata con i tegami pronti per essere infornati nel forno a legna proprio, o in quello del panettiere. 
La consuetudine era di fare tante torte, almeno 10 o 15, per cui si accantonavano le uova durante la Quaresima, tenendo conto che per tradizione si utilizzava un uovo ogni etto di farina. Spesso venivano anche utilizzate uova diverse da quelle di gallina come quelle di anatra e di oca, che essendo più grandi facilitavano il raggiungimento del numero necessario. I tegami erano alti, stretti e svasati, per enfatizzare la lievitazione, fatti di coccio, come quelli per i vasi dei fiori. 
In alcuni forni a Perugia è possibile ancora ammirare questi splendidi tegami, realizzati solo per la torta al formaggio, che viene chiamata appunto Torta, nel ternano Pizza, nell'eugubino Crescia”.


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Sono felice di aver trovato il tempo per sfornare questa torta al formaggio. Innanzitutto perché ha un profumo magnifico ed un ottimo sapore, che ne fanno l’accompagnamento ideale per salumi, uova sode e verdure, ma la rendono deliziosa anche da sola; in seconda battuta, perché il risultato non ha deluso le mie aspettative, nonostante alcuni “incidenti di percorso”, peraltro non dipendenti dalla ricetta - che in sé è perfetta - ma dalla mia proverbiale sfortuna e sbadataggine. 
Tanto per cominciare, al momento di preparare l’impasto scopro con disappunto che ho terminato la farina Manitoba e che il pacchetto della farina 0 che mi rimane in dispensa è più che dimezzato: dal momento che non posso recarmi al supermercato, decido di tentare la sorte utilizzando una miscela di farina tipo 0 e tipo 1, confidando di sopperire alla “debolezza” delle farine con un più energico lavoro di braccia. 
Preparato il lievitino, mi accingo a ridurre a cubetti i formaggi per tritarli nel mixer, quand’ecco che quest’ultimo, dopo un paio di giri, si rompe, lasciandomi di fronte ad una montagnola di tozzetti, impossibili da grattugiare a mano. Morale: mi riduco a tritarlo al coltello. Per giunta la ricetta richiede che sia grattugiato finissimo, quindi ci impiego un bel po’, rischiando che nel frattempo il fermento passi di lievitazione. 
Per fortuna tutto è bene ciò che finisce bene, e nonostante gli inconvenienti il risultato mi ha molto soddisfatta, al punto che nel pomeriggio ho in programma di prepararne un’altra – sperando che questa volta tutto fili liscio. 

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Pizza di Pasqua al formaggio - Torta al formaggio umbra
(Ricetta di Paola Lazzari, tratta dal forum de La Cucina Italiana, riproposta da Paoletta qui)

Ingredienti per uno stampo svasato in alluminio di altezza 12 cm, base inferiore 16 cm e base superiore 21 cm:

300 gr di farina tipo 0
200 g di farina manitoba
5 uova
100 ml di acqua
25-30 gr di lievito di birra (io ho ridotto a 13 g, prolungando i tempi di lievitazione)
1 cucchiaino di zucchero
1 cucchiaino di sale (assaggiare)
1 cucchiaino di pepe
5 cucchiai di olio extravergine d’oliva
50 g di strutto 
250 g di formaggio grattugiato misto (metà Parmigiano Reggiano e metà Pecorino stagionato)

Sciogliere il lievito con lo zucchero nell'acqua tiepida e lasciare fermentare in un bicchiere, meglio se di plastica, per 5-6 minuti.
Mettere la farina in una ciotola capiente e creare un pozzetto al centro. Colare dentro il pozzetto il lievito fermentato del bicchiere, con un cucchiaino prendere un pochino di farina dai bordi ed amalgamare per ottenere una pastella consistente. Coprire con altra farina senza impastare, in modo da isolare dall'aria il panetto, e lasciare fermentare per 40-50 minuti (per me circa un’ora).
Nel frattempo sbattere le uova, unire il sale, il pepe, i formaggi grattugiati ed infine l'olio: lasciar amalgamare i sapori.
Quando il pastello sarà tutto screpolato, unire mano a mano il composto di uova e formaggio ed impastare energicamente e a lungo. Potrebbe essere necessario aggiungere poca farina (in ogni caso, non superare i 550-600 g complessivi: l’impasto deve rimanere morbido). Infine unire lo strutto ammorbidito in più riprese e lavorare l’impasto fino ad ottenere un panetto liscio, lucido e consistente, che si stacca con facilità dal piano di lavoro. Riporre l’impasto nella ciotola, coprire con un telo umido o un foglio di pellicola e lasciar riposare a temperatura ambiente per circa un’ora. Trasferire quindi l’impasto nella teglia precedentemente unta e far lievitare in luogo tiepido fino a quando la pasta avrà raggiunto il bordo della teglia.
Trascorso il tempo di lievitazione, accendere il forno e posizionare la manopola sulla temperatura consigliata (190°-200°C), lasciandolo con lo sportello semi-aperto in modo che non diventi troppo caldo, ma che le pareti arrivino a temperatura. Dopo qualche minuto inserire la pizza al formaggio e versare sul fondo del forno circa un bicchiere di acqua. Questa, a contatto con il fondo del forno rovente, si trasformerà subito in vapore. Chiudere immediatamente il forno e cuocere per circa 45' senza mai aprire lo sportello. Controllare il grado di cottura con uno stecco e, se necessario, prolungarla di circa 5-10 minuti. 
Per far risaltare al meglio il sapore dell’impasto, è preferibile consumare la pizza al formaggio dopo 3 o 4 giorni dalla cottura. Avvolta in un sacchetto per alimenti, si conserva fragrante fino a 7-10 giorni).

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martedì 22 marzo 2016

Hot cross buns (ricetta di Paul Hollywood)


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Il file con la ricetta degli hot cross buns stazionava sul desktop del mio portatile ormai dalla scorsa Pasqua, quando li avevo adocchiati sul sito di Paul Hollywood e mi ero ripromessa di provarli. 
E’ mai possibile che mi fissi sulle ricette a tema sempre fuori tempo massimo, quando ormai l’occasione è passata e mi tocca attendere un anno prima di poterle realizzare? 
Ci stavo cascando di nuovo, ma poi, presa da un raptus proprio durante un feroce attacco di emicrania che avrebbe dovuto indurmi a più miti consigli, ho deciso che questa volta avrei sfornato i miei buns per tempo, in modo da poterli condividere qui e lasciarvi la ricetta, nel caso anche voi voleste cimentarvi. Fortuna vuole che, nonostante l’indisposizione, il risultato sia stato apprezzato all’unanimità – solo due paninetti superstiti all’appello – e quindi eccoli qui. 
Per chi non li conoscesse, gli hot cross buns sono dei soffici panini dolci all’uvetta aromatizzati con cannella ed altre spezie, tipici della tradizione pasquale anglosassone, la cui superficie viene decorata con una caratteristica croce, anticamente di pasta frolla, ma oggi più spesso fatta di un composto di acqua e farina, di glassa o semplicemente incisa con una lama. In genere vengono preparati e mangiati il venerdì santo e, secondo la leggenda, i panini cotti in questo giorno si mantengono fragranti e morbidi molto a lungo, senza ammuffire. 
Pare che la ricetta affondi le sue radici negli antichi rituali pagani in onore della dea Ostre (da cui deriverebbe il termine stesso Easter, Pasqua), per celebrare la fine dell’inverno. Secondo questa interpretazione, la croce che decora gli hot cross buns rappresenterebbe le quattro fasi lunari; in seguito la tradizione è stata ripresa dal cattolicesimo, che ne ha fatto una simbologia della figura di Cristo.

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Hot cross buns
(Ricetta tratta da How to bake, di Paul Hollywood)

Ingredienti per circa 12-15 buns:
500 g di farina forte (io ho usato 300 g di farina tipo 0 e 200 g di farina tipo 2)
75 g di zucchero
40 g di burro
3 g di lievito istantaneo liofilizzato (10 g, nella ricetta originale)
2 uova medie
120 ml di latte tiepido
120 ml di acqua
150 g di uvetta
80 g di frutta candita mista
la scorza grattugiata di 2 arance non trattate
1 mela pelata e tagliata a dadini
2 cucchiaini di cannella in polvere (ho ridotto a 1, raso)
10 g di sale
75 g di marmellata di albicocche + 1 cucchiaio di acqua calda, per pennellare i buns

Per le croci:
75 g di farina
75 g di acqua

Setacciare la farina in una grossa ciotola. Sciogliere il lievito nel latte leggermente tiepido ed aggiungerlo alla farina, insieme allo zucchero, le uova e metà dell'acqua. Cominciare ad impastare e per ultimo aggiungere il sale, sciolto nella rimanente acqua. L'impasto deve risultare morbido ma non troppo appiccicoso, perciò potrebbe non essere necessario aggiungere tutta l’acqua. Unire infine il burro morbido a tocchetti ed impastare energicamente per alcuni minuti, fino ad ottenere un panetto morbido, liscio ed elastico. Formare una palla e trasferirla  in una ciotola leggermente oleata. Coprire con un telo umido o un foglio di pellicola trasparente e lasciare lievitare fino al raddoppio (2-3 ore circa). 
Riprendere l’impasto, trasferirlo sul piano di lavoro leggermente infarinato ed incorporare la mela tagliata a dadini, i canditi, la scorza d'arancia, l'uvetta e la cannella. Impastare fino a che tutti gli ingredienti saranno omogeneamente distribuiti nell’impasto. Coprire e fare lievitare per un'altra ora circa. 
Riprendere l'impasto, sgonfiarlo e dividerlo in 12 parti uguali; formare delle palline arrotondando l’impasto tra le mani e pizzicandone i bordi verso il basso e trasferirle in una teglia rivestita di carta forno. Coprire con della pellicola e fare lievitare fino al raddoppio. 
Per le croci, mischiare velocemente la farina con l'acqua , versare il composto in una sac à poche con bocchetta liscia e stretta e formare le croci sui panini. 
Cuocere gli hot cross buns in forno caldo a 200° per circa 15-20 minuti o fino a doratura. Appena estratti dal forno, spennellarli leggermente con un miscuglio di acqua calda e marmellata di albicocche . Lasciare raffreddare su una griglia.

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Con questa ricetta partecipo a Panissimo#39, la raccolta di lievitati dolci e salati ideata da Sandra di Sono io, Sandra, e Barbara, Bread & Companatico, questo mese ospitata nel blog Un Condominio in cucina


venerdì 18 marzo 2016

Uova al tè marmorizzate (Cha Ye Dan)


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Le uova al tè o uova marmorizzate (Cha Ye Dan) sono uno spuntino di strada molto popolare in Cina, dove vengono consumate soprattutto in occasione delle celebrazioni per il Capodanno cinese.
Con l’approssimarsi della Pasqua, ho pensato che potessero costituire un’originale alternativa alle classiche uova dipinte e decorate: sono semplici da realizzare, saporite e d’impatto, per via del particolare effetto marmorizzato, ottenuto grazie alla cottura ed al riposo in una miscela di tè, salsa di soia e spezie.
Cercando qualche notizia in più su questa specialità, ho notato che generalmente sono previsti tempi molto lunghi di bollitura delle uova, che io ho preferito accorciare. Molto importante, invece, rispettare i tempi di riposo, che consentiranno alla “marinatura” di penetrare nelle crepe del guscio e creare la trama che rende queste uova così scenografiche.

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Uova al tè marmorizzate (Cha Ye Dan)

Ingredienti:
6 uova 
3 cucchiai colmi di tè nero (per un gusto affumicato, perfetto il Laspsang Souchong)
3 cucchiai di salsa di soia scura
2 pezzi di anice stellato
1 stecca di cannella
1 cucchiaino di grani di pepe di Sichuan
1 cucchiaino di chiodi di garofano
½ cucchiaino di zucchero

Mettere le uova in una pentola, coprire d’acqua fredda e portare ad ebollizione. Spegnere il fuoco, coprire con un coperchio e lasciar riposare per 10 minuti. Togliere le uova dall’acqua e lasciarle intiepidire. Con il dorso di un cucchiaio picchiettare i gusci fino ad ottenere delle piccole crepe.
Aggiungere all’acqua tenuta da parte il tè, le spezie, la salsa di soia e lo zucchero e portare ad ebollizione. Lasciare sobbollire per un paio di minuti, quindi immergervi le uova e cuocere per 5-7 minuti. Spegnere il fuoco, coprire e lasciare riposare le uova per alcune ore (meglio un’intera giornata), in modo che assorbano la marinatura. Asciugarle delicatamente, sbucciarle e servirle fredde.

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Con questa ricetta partecipo a "Sedici-L'alchimia dei sapori", con l'abbinamento cannella/chiodi di garofano



lunedì 14 marzo 2016

Insalata di arance, rucola e datteri


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Ultimamente quello di Ottolenghi è nome molto inflazionato su questo blog – me ne rendo conto – ma che ci posso fare? Ogni volta che m’imbatto in una sua ricetta, avverto prepotente lo stimolo a testarla subito, già persuasa che ne ricaverò l’ennesima soddisfazione. Se poi si tratta di verdure o insalate, è probabile che le sue intuizioni – l’aggiunta di una spezia, l’utilizzo di una certa tecnica di cottura o la scelta dei sapori da combinare – mi sembreranno così indovinate da indurmi a riproporle spesso sulla mia tavola, in barba alla consuetudine secondo cui le repliche culinarie sono un evento eccezionale.
La sua cucina d’impronta mediterranea spazia con agilità tra le suggestioni più disparate reinterpretandole con estro e creatività, senza perdere di vista le proprie radici. Ricette che hanno il pregio di non risultare mai banali, senza al contempo cadere in estremismi fini a se stessi e guardando sempre al gusto come criterio cardine. 
Di questo chef, del quale purtroppo non ho ancora avuto il piacere di provare la cucina in prima persona, apprezzo soprattutto l’eclettismo nella scelta degli ingredienti e la sapienza indiscussa nell’utilizzare le spezie, combinandole di volta in volta in maniera differente per esaltare le caratteristiche dei vari alimenti.
Oggi vi propongo un’insalata che a prima vista non sembra avere nulla di speciale, ma in cui ciascun sapore contribuisce all’armonia complessiva, sottolineata con grazia ed incisività dal particolarissimo condimento, che vi farà sussultare di sorpresa al primo boccone.

Se siete di curiosi di provare altre ricette di Ottolenghi, date un’occhiata anche qui:


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Insalata di arance, rucola e datteri – Orange and date salad
(Ricetta tratta e parzialmente modificata da Plenty more, di Y. Ottolenghi)

Ingredienti per 4 persone:

1 Kg di arance (circa 500 g al netto degli scarti)
60 g di datteri Medjool
120 g di ravanelli
½ cipolla rossa piccola
100 g tra rucola, lattughino, lollo rossa e spinacini novelli
qualche foglia di coriandolo fresco
15 g di prezzemolo fresco
15 g di menta fresca

2 cucchiai di succo di limone appena spremuto
1 spicchio d’aglio
1 cucchiaino di acqua di fiori d’arancio
½ cucchiaino di cannella in polvere
2 cucchiaini di semi di finocchio tostati e pestati
olio extravergine d’oliva
sale e pepe

Preparare il condimento mescolando il succo di limone, l’aglio schiacciato [io ho ridotto lo spicchio a fettine e le ho eliminate prima di condire l’insalata], i semi di finocchio, la cannella e l’acqua di fiori d’arancio. Aggiungere l’olio (circa 3 cucchiai), salare e pepare e mescolare. Lasciare riposare in modo che gli aromi si amalgamino bene tra loro.
Pelare le arance al vivo con un coltello affilato, eliminando la buccia e l’albedo, e ridurle a fettine. Lavare e asciugare le insalate, la cipolla, i ravanelli e le erbe. Affettare finemente la cipolla, denocciolare i datteri e tagliarli longitudinalmente; tritare il prezzemolo ed il coriandolo e spezzettare le foglie di menta con le mani. Mescolare tutti gli ingredienti in una capace terrina ed infine aggiungere le fettine di arancia. Aggiungere il condimento preparato e servire.

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mercoledì 9 marzo 2016

Maritozzi con la panna


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I maritozzi sono una specialità laziale, ed in particolare romana, dalle origini molto antiche. 
Pare infatti che già all’epoca dei Romani fossero diffuse delle pagnotte impastate con uva passa ed addolcite col miele. In seguito, a partire dall’età medievale, il dolce diminuì di pezzatura, si fece più scuro in superficie e venne arricchito con pinoli e canditi; era usanza consumarlo soprattutto in periodo di Quaresima, e per questa ragione assunse l’appellativo di “er Santo maritozzo” (di tale versione parla Ada Boni nel suo Talismano della felicità). 
Quanto all'origine del nome, questo parrebbe derivare dalla deformazione burlesca di “marito”, ricollegandolo alla tradizione che ne faceva un dono benaugurale dedicato dal fidanzato alla promessa sposa il primo venerdì di Marzo (corrispondente all’attuale S. Valentino). 
La variante odierna di questo dolce, ovvero quella comunemente diffusa nei bar e pasticcerie romani, prevede un impasto più fine e leggero ed una farcitura a base di panna montata.
Da tempo desiderosa di provarle entrambe, ho scelto di partire dalla versione “moderna”: il classico maritozzo con la panna, fragrante e profumato. Per la ricetta mi sono affidata senza esitazioni ad Adriano –  un vero Maestro dei lievitati, che non ha certo bisogno di presentazioni – e ne sono rimasta soddisfattissima. 
Ora, ad essere sincera, io un maritozzo in terra laziale non ho mai avuto il piacere di assaggiarlo, e quindi a rigor di logica non ho termini di paragone attendibili. Eppure, vi posso assicurare che questi sono semplicemente strepitosi: soffici come nuvolette, leggeri e delicatamente aromatici. 
Ne ho farcita una parte con la panna montata ed i restanti li abbiamo mangiati a colazione nei giorni a venire: sono perfetti anche vuoti e, se conservati negli appositi sacchetti per alimenti o ben coperti, mantengono a lungo tutta la loro fragranza e morbidezza.

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Maritozzi con la panna

Ingredienti per una dozzina di maritozzi:

450 g di farina w 300 (o Manitoba per impiego non professionale)
50 g di farina di riso
200 g di acqua
90 g di zucchero
1 cucchiaio di miele (possibilmente d’arancio)
1 uovo + 1 tuorlo
8 g di lievito fresco
8 g di sale
1 cucchiaino di malto (o miele)
60 g di burro
40 g di olio di mais (o arachide o riso)
la scorza grattugiata di un’arancia non trattata

1 albume
sciroppo di zucchero per lucidare (135 g di zucchero + 100 g di acqua)
panna fresca per farcire i maritozzi


Portare quasi a bollore l’acqua con metà delle scorze d’arancia e riscaldare l’olio con l’altra metà.
Nella ciotola della planetaria, sciogliere il lievito ed il malto nell’acqua intiepidita (riportata a 200gr), unirvi 200 g di farina e lasciar lievitare a temperatura ambiente (sarà necessaria circa 1 ora). 
Miscelare la restante farina con quella di riso. Unire metà della farina e dello zucchero ed avviare la planetaria a vel. 1; all’assorbimento unire l’uovo con il resto dello zucchero e della farina, lasciare andare per qualche giro, quindi inserire il tuorlo con il miele ed il sale. Aumentare la velocità ad 1,5 e portare ad incordatura.
Aggiungere il burro morbido in due riprese e, una volta ottenuta una buona incordatura, unire l’olio a filo, fermandosi di tanto in tanto per evitare che l’impasto perda consistenza.
Coprire e porre a lievitare a 26° fino al raddoppio (circa 2 ore).
Trascorso il tempo di riposo, rovesciare l’impasto sulla spianatoia infarinata e procedere con un giro di pieghe del tipo 2: prendere un lembo d’impasto, stenderlo leggermente e portarlo verso il centro; afferrare delicatamente l’angolo che si sarà formato a destra della prima piegatura, stenderlo leggermente e portarlo a sua volta verso il centro. Procedere allo stesso modo fino a chiudere il giro.  Arrotondare e coprire a campana. (A questo punto è possibile trasferire l’impasto in frigorifero a 4° per 8 ore).
Dopo 30 minuti porzionare l’impasto in pezzi da 80 g e formare delle palline ben strette. Dopo 15 minuti capovolgere le sfere e riavvolgerle a filoncino, stringendo bene. Coprire con pellicola e porre a lievitare a 28° per circa un’ora.
Trascorso il tempo di riposo, pennellare con l’albume ed infornare a 180° per 12 minuti o fino a cottura.
Appena fuori dal forno lucidiamo con uno sciroppo di zucchero a 30° be (135gr di zucchero portati a bollore con 100gr di acqua e raffreddati).
Farcire a piacere con panna montata.

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Con questa ricetta partecipo al Giveaway di Batuffolando, "Le Primavere"


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